Io e Tiziano Terzani: lui che aveva capito tutto

Persona in verticale in mezzo alla strada con montagne sullo sfondo

Quando non so come esprimere qualcosa che provo o che sono o che sento (e credetemi, succede spesso), mi basta ri-leggere Tiziano Terzani.

Perché lui aveva capito tutto.

“Ho voluto essere straniero perché mi è sempre pesato il “noi”, l’appartenenza a qualche gruppo, o categoria. Ho preferito andare a capire gli altri.”

Persona in ginocchio e di spalle sulla neve, davanti ad un fiordo ghiacciato
Isole Svalbard, 79° parallelo Nord.

Questa frase esprime esattamente la sensazione che provo più o meno da quando sono nata: ha solo fatto un po’ fatica a mettersi a fuoco.

Questa frase spiega il perché mi sia sempre sentita così a mio agio in luoghi lontani e sconosciuti.

Mi sento a casa dove non conosco le abitudini; dove non conosco cosa si mangia a colazione, o come ci si saluta, o come si esprima la felicità.

Sono a casa dove gli autobus hanno un orario schedulato ma in realtà partono quando sono carichi di passeggeri; dove il nostro alto tone di voce è interpretato come un litigio; dove si beve il cappuccino a pranzo con il risotto.

Conoscere modi di vivere diversissimi dai miei ha sempre creato in me quello stupore infantile, di quando si guarda qualcosa che ancora non si conosce con gli occhi spalancati di chi ama sorprendersi.

E si, conoscere gli altri e capirli, gli altri dall’altra parte del mondo, è da sempre ciò che per me significa vivere.

Casa è dove ti senti capito, no?

Tiziano Terzani, lui che aveva capito tutto.


Ho preso il mio primo volo durante il primo anno di dottorato, direzione Catania per partecipare ad un congresso di chimica farmaceutica.

Un mese esatto dopo ero su un 747 della Malaysian Airlines con in spalla uno zaino da 80 litri ed in mano la Lonely Planet. 

Non c’era internet, non avevamo prenotato nulla.

Ricordo l’arrivo, con troppo peso sulle spalle (peso che negli anni ho eliminato, caricandolo di esperienze), con il caldo soffocante e il disorientamento dell’essere catapultati su un pianeta diverso.

Non provavo paura ma eccitazione pura, legata al fatto che mi stavo immergendo in un mondo dove di sicuro tutto era diverso da casa mia: quale sensazione più adrenalinica!

Ricordo il primo hotel a Kota Kinabalu (Borneo Malese), preso per sfinimento.

Dell’hotel ricordo il bagno inagibile (quelli della Stazione Centrale di Milano sono sterili al confronto!), i gamberetti sul letto (giuro!) e il muro a 3 cm dalla finestra che non si apriva.


Eravamo inesperti, e stanchissimi: dopo aver dormito sopra delle lenzuola che ci eravamo fortunatamente portati, cercando di non toccare nulla, il giorno dopo abbiamo preso un hotel bellissimo per pochi dollari!

Quell’hotel lurido rimarrà sempre nella mia memoria come il vero primo contatto con l’essere viaggiatore.

E’ un brutto ricordo? assolutamente no!

Ho provato lo stesso fuoco emotivo quando ho deciso di passare un’estate in un ospedale in Tanzania.

Quell’estate, di 20 anni precisi fa, sarei stata sola (il mio compagno era impegnato in altro).

Avevo due alternative: al mare con le amiche o cercare un’associazione per coronare uno dei miei sogni, il volontariato in Africa.

Due delle foto di Bukumbi a cui sono più legata.

NO, non ho avuto alcun dubbio, sin da subito: doveva essere Africa.

Si, sarebbe stata la mia prima volta africana: il volo prevedeva un lungo scalo ad Amsterdam, per spendere meno, prima dell’imbarco per Nairobi*.

Durante le 5 ore di scalo, lì sola, ho fissato il vetro davanti a me, con musica nostalgica nelle orecchie e nella testa un mantra.
“ma perché non sei andata al mare con le tue amiche?, PERCHE’?”

In quelle ore di attesa ho provato paura, ho temuto di essermi sopravvalutata.

Ma quel mantra era intervallato da un fuoco nel cuore, che poi si è diffuso ovunque non appena messo piede all’ospedale di Bukumbi, non lasciando spazio ad altro che a gioia pura; quella gioia che non riesci a contenere e ti fa sorridere gli occhi costantemente.


*Nairobi, direte voi: ma non eri in Tanzania?

Certo, e dovevo raggiungere Mwanza, da cui poi mi sarebbero venuti a prendere perché il villaggio era collegato solo da strade sterrate.

Avevo quindi le solite due alternative: la via più comoda, cioè atterrare a Dar El Salaam, o la più zingara, cioè atterrare a Nairobi e raggiungere la destinazione su un autobus notturno.

Secondo voi, potevo io perdermi l’esperienza incredibile di viaggiare per 14 ore su un autobus, nel nulla del buio africano, su sedili rigidi come il legno, unica europea a bordo?

Pensate che 14 ore dopo, l’autobus fa un piccolo incidente ma ci fermiamo per un tempo infinito.

Nessuno parlava inglese, tranne un ragazzo, che super gentilmente mi racconta che eravamo fermi per aspettare le forze dell’ordine.

Il mio telefono ovviamente non funzionava laggiù, per cui mi ha prestato il suo e ho avvisato chi mi stava aspettando a Mwanza. Due ore dopo, li mi hanno raggiunto (l’autobus era ancora bloccato!).

Non appena arrivati in ospedale, dopo 3 giorni in viaggio, sono andata in sala operatoria per un’emergenza.

Così è iniziata una delle esperienze più incredibili e ricche della mia vita.

Pensate se avessi rinunciato, per paura?

Pensate a cosa avrei perso, a cosa NON avrei vissuto! Non voglio nemmeno pensarci.

Qualche anno dopo sono andata in India da sola.

Ho trascorso due settimane fra Uttar Pradesh e McLeod Ganj, anche conosciuta come “Piccola Lhasa” poiché qui ha sede il governo tibetano in esilio.

L’India può essere dura, scioccante, e allo stesso tempo rivelatrice, pura, incantata.

L’India vissuta da sola è stato un viaggio interiore, una crescita che mai avrei raggiunto stando al caldo delle mie abitudini, delle persone che conosco, della lingua che è la mia.

“.. tutte le decisioni che prendi, tutte le scelte che fai sono determinate, tu credi, dal tuo libero arbitrio, ma anche questa è una balla. Sono determinate da qualcosa dentro di te che innanzitutto è il tuo istinto, e poi da qualcosa che gli indiani chiamano il karma, accumulato fino ad allora”

Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio

Perché questa citazione?

Terzani aveva ancora una volta capito tutto.

Perché quasi 3 anni fa ho lasciato un ruolo prestigioso, remunerativo, quello che si può definire come “l’aver fatto carriera”, per cui avevo studiato molto per tutta la vita.

Il lavoro era decisamente prestigioso, ma anche distruttivo fisicamente e psicologicamente.

La decisione di lasciarlo è stata vista come un’assoluta pazzia da quasi tutti.

“E coloro che furono visti danzare vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica.”

Friedrich Nietzsche

Meno di un mese dopo, arriva l’offerta di un’agenzia, Insafari, di fare la coordinatrice di gruppi dei loro viaggi in Artico.

Lì è nato tiportoanord.

Lì, io sono rinata, ho ritrovato la mia luce, ho ricominciato a dormire, a sorridere, a dare qualità al tempo.

Ad essere felice, in viaggio, ma anche molto quando torno a casa (se non ci rimango per troppo tempo!): una delle grandi conquiste di fare ciò che ti appaga.

Persona in primo piano su un gommone con maschera da sci

Perché le cose che arrivano per cambiare tutto non prendono appuntamenti, non studiano percorsi, un giorno si svegliano e decidono che è il momento, scelgono la via più sgangherata e si tuffano a bomba su di te.

Lo studio, il dottorato, la carriera universitaria, il lavoro della vita che la vita mi ha rubato, il perdersi totalmente prima di ritrovarsi, tutto doveva portarmi qui.

Qui, dove mi porto via e ti porto con me.

Perché Terzani aveva capito tutto.

Ho chiuso il 2024 con 45 voli e più di 100.000 km percorsi solo in aereo, più di due volte il giro attorno al mondo.

Perchè “la vita sta li, alla portata del salto che non facciamo”

(J. Cortàzar).

Persona in verticale in mezzo alla strada con montagne sullo sfondo

Ciao! Sono Marica e viaggio per non sentirmi a casa.

Fuori dai percorsi battuti è il mio mantra, o anche dentro ma a modo mio: a contatto con i locals, immersa nella natura meno invasa dall’uomo.
Sentendomi ospite di luoghi e persone, con il cuore aperto per conoscerli, grata di poter vivere qualcosa di diverso da tutto ciò che mi è familiare.

3 risposte

  1. Ciao, ti seguo da tempo sognando un giorno di unirmi a un tuo viaggio al nord, sogno le Lofoten da una vita. Grazie per avere condiviso il tuo viaggio fin qui, mi permetto di pregarti di non dimenticare che è un grande privilegio fare la vita che fai, vivi le tue esperienze con la consapevolezza che una vita come la tua è riservata a pochi. Ciao!

    1. Ciao Massimo, grazie per il tuo commento e per far parte di questa bellissima community. Sono grata ogni giorno per la famiglia che ho, e per tutta la fortuna di essere al mondo. Dopo di che, il resto sono scelte, che comportano anche il non avere una famiglia mia (compagno/figli), e possibilità che in parte ti crei. Buon anno!

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