Il 27 febbraio è la giornata internazionale degli orsi polari.
Vediamo perché sono animali così speciali (e sempre di meno).
Siamo nel periodo in cui le mamme e i cuccioli di orso polare si rintanano nelle loro tane.
Ogni anno, infatti, in genere intorno a Capodanno, le mamme di orso polare danno alla luce i loro piccolini.
Pensate che, alla nascita, pesano solo 1 kg!
Meno del peso medio di un neonato umano, nonostante il maschio adulto arrivi a pesare fra i 400 e i 600 kg!
I cuccioli nascono del tutto indifesi, incapaci di vedere o sentire e con solo un sottile strato di pelliccia a proteggerli dal freddo.
Le tane, che la mamma costruisce per loro, forniscono un riparo fondamentale ai fragili neonati, proteggendoli dall’ambiente artico, così ostile.
La mamma e i cuccioli passano quasi tutto l’inverno rannicchiati nelle loro tane, uscendo solo verso la metà di marzo.
E’ la mamma orsa a decidere quando i cuccioli arrivano ad acquisire abbastanza forza per poter uscire dall’ambiente protetto della tana, e scoprire l’Artico con le sue temperature rigide e le tormente!
Il periodo della tana è infatti il momento più vulnerabile della vita di un orso polare.
L’unica fonte nutritiva per i piccoli è il latte materno.
Rispetto al latte che beviamo noi, caratterizzato da una percentuale di grassi attorno al 2-3%, il latte di mamma orsa parte da una percentuale di grasso del 31%!
Questo latte così potenziato permette ai piccoli di crescere rapidamente.
In due o tre mesi, i cuccioli possono infatti aumentare il loro peso fino a moltiplicarlo di 10 volte!
Pensate al paragone con il neonato umano, il cui peso aumenta, nello stesso periodo, di sole 2, 3 volte.
I tassi di sopravvivenza dei cuccioli possono variare notevolmente a seconda della regione e delle condizioni annuali del ghiaccio marino, ma in media solo il 50% circa dei cuccioli supera il primo anno di vita.
Nelle zone dell’Artico con una maggiore perdita di ghiaccio marino, i tassi di sopravvivenza dei cuccioli sono ancora più bassi.
Ciò è dovuto al fatto che, in queste regioni, le mamme degli orsi polari hanno meno tempo a disposizione sul ghiaccio per cacciare le foche.
Questo rende difficile accumulare riserve di grasso adeguate a nutrire i piccoli.
Capite quanto importante sia il ghiaccio marino per la sopravvivenza degli orsi polari?
All’età di circa 2 anni e mezzo, gli orsi polari vengono svezzati e diventano subadulti.
Questi giovani orsi possono incontrare difficoltà perché non hanno più la mamma che fornisce loro il cibo, non hanno molta esperienza nella caccia da soli e non hanno ancora la forza necessaria per catturare le prede.
Una volta che l’orso polare raggiunge l’età adulta, all’incirca all’età di 5 anni, i tassi di sopravvivenza migliorano perché l’orso è più intelligente, più forte e più facilmente in grado di catturare le prede.
Un’altra cosa interessante è che le femmine di orso polare creano una nuova famiglia ogni tre anni circa, a partire dall’età di 5 anni.
Non appena le mamme terminano lo svezzamento dei loro cuccioli, rimarranno solo pochi giorni di solitudine.
Ben presto arriva infatti la stagione degli amori, al termine della quale i maschi se ne vanno e non vengono più visti!
Grande, brillante e adatto al freddo.
L’intelligenza acuta dell’orso polare è stata paragonata a quella dei grandi primati.
Con il passare del tempo, gli orsi si sono distribuiti in tutto il Nord e si sono adattati in modo eccellente a una vita di caccia alle foche e di sopravvivenza al freddo estremo.
Da cima a fondo, i loro corpi sono perfettamente coordinati con i cambiamenti stagionali dell’Artico.
La loro pelliccia ricopre uno spesso strato di grasso, le orecchie e la coda sono piccole per limitare la perdita di calore e le zampe permettono loro di camminare sul ghiaccio sottile.
Uno degli adattamenti più notevoli è la loro capacità di sopravvivere a una dieta ricchissima di grassi senza subire danni al cuore.
Gli orsi polari si sono adattati in modo eccellente all’Artico e sono una parte vitale di questo fragile ecosistema.
Gli orsi polari sono conosciuti con molti nomi diversi in tutto l’Artico – e non solo.
Ecco i più interessanti!
In Norvegia e Danimarca, sono chiamati Isbjorn, che significa orso di ghiaccio.
I balenieri del XIX secolo usavano il nome di “contadino” per la loro andatura lenta e con i piedi a piccione
Alcune popolazioni chiamano il re dell’Artico cervo di mare bianco, il timore della foca, il cavaliere degli iceberg, la rovina della balena e il marinaio dell’alga.
Nella Groenlandia orientale, l’unica zona dell’isola in cui vivono, li chiamano Tornassuk, che significa il maestro degli spiriti aiutanti.
Nella Scandinavia medievale, i poeti norreni lodavano gli orsi polari perché avevano la forza di 12 uomini e l’arguzia di 11.
I Sami (popolazioni indigene della regione della Lapponia) si rifiutano di dire “orso polare” per paura di offenderlo, e lo chiamano vecchio con il mantello di pelliccia.
Gli Inuit ritengono che l’orso polare sia un animale degno di grande rispetto, e lo chiamano nanuk, il sempre errante.
I Ket, infine, una tribù siberiana, usano il nome Gyp che significa nonno, in segno di rispetto e soggezione.
Amo talmente questo animale, da essermelo tatuato sulla spalla!
E tu, conoscevi queste sue caratteristiche?
2 risposte
Ciao Marica, quale sarebbe il periodo per im4 giorni di trekking alle Svalbard e il costo?
Grazie. Maria
Ciao Maria, ti mando il programma via mail